Perché la validazione di nuovi modelli di business dovrebbe essere una Scienza e non una attività creativa

In questo articolo vestiremo i panni del manager dell’innovazione di una grande azienda che vuole validare un nuovo modello di business. Cercheremo di capire a quale tipologia di team dovrebbe rivolgersi, per aumentare le chance di successo del progetto. 

Da un lato prenderemo in esame un team che chiameremo “Creatività”, formato da designer, esperti di settore ed analisti di big data. Dall’altro parleremo di un altro team, che chiameremo “Scienza”, formato da persone che conoscono a fondo sia il processo di innovazione che il metodo scientifico.

La nostra tesi è che il team Scienza vincerà sempre sul team Creatività per tre a zero.

Vediamo perché.

Idee contro ipotesi

Il punto forte dei creativi è, per definizione, la loro capacità di inventare, di generare nuove idee.

Lo si capisce anche dai loro video promozionali, nei quali immancabilmente ci sono le immagini al rallentatore di giovani attraenti che discutono davanti a decine di post-it appesi al muro, sui quali si leggono parole come “disruption” o “lateral thinking”. 

In questo caso, la domanda fondamentale da farsi è: le grandi aziende hanno bisogno di nuove idee? E’ una risorsa scarsa per loro?

Secondo Vijay Govindarajan no.

Il professore, che è considerato uno dei maggiori esperti mondiali di strategia e innovazione, qualche anno fa ha guidato un gruppo di ricerca. Insieme ai suoi collaboratori ha intervistato migliaia di dirigenti di aziende Fortune 500, per valutare le capacità di innovazione delle loro aziende su una scala da 1 a 10. I partecipanti al sondaggio hanno rivelato che le loro aziende sono molto più brave a generare idee (punteggio medio di sei) di quanto non lo siano a creare dei prodotti di successo (punteggio medio di uno).

Quindi sembra che le idee, alle grandi aziende, non manchino. Anzi.

La nostra esperienza ci dice che di idee ce ne sono troppe, e che il problema è semmai quello di capire quale, fra tutte quelle idee, è meritevole di essere portata avanti.

Se ci si ferma un attimo a pensare, risulta chiaro che la capacità di generare nuove idee sia una cosa completamente diversa da quella di saperne valutare le possibilità di successo.

Molto spesso chi ha un’idea non è minimamente in grado di capire se avrà successo o meno.

Se così non fosse, il 95% delle startup non fallirebbero entro due anni.

Ma che cosa serve, quindi, al nostro manager dell’innovazione?

Non un team in grado di generare nuove idee, ma un team in grado di generare nuove ipotesi e di validarle.

Una ipotesi infatti è una formulazione temporanea che non aspetta altro che di essere messa alla prova. E nel momento in cui viene messa alla prova tramite un esperimento, può assumere solamente due stati: o risulta vera - e allora si prosegue con il progetto - o risulta falsa - e allora si passa molto velocemente a formulare un’altra ipotesi.

Se l’obiettivo della validazione è quello di scoprire la verità su di un modello di business, una sequenza di buone idee non garantisce minimamente di avvicinarsi all’obiettivo. 

Al contrario una sequenza di buone ipotesi porta inevitabilmente alla Verità.

L’aspetto più triste della vita in questo momento è che la scienza raggiunge nuova conoscenza più velocemente di quanto la società raggiunga nuova saggezza.
— Isaac Asimov

Opinioni contro dati di fatto

Nel team Creatività, sono sempre presenti anche degli esperti di settore, ovvero delle persone che hanno una profonda conoscenza del mercato di riferimento. 

L’accesso a queste persone è prezioso, soprattutto quando è necessario individuare i meccanismi e gli stakeholder di un determinato mercato.

Il problema è che molto spesso, a queste persone viene richiesto di avere una propria opinione. Questo, a nostro avviso, è una cosa poco utile alla scoperta della Verità.

Già nel 500 a.c. Eraclito descrive l’opinione come: “una falsa visione personale della realtà”.

E non può che essere così. L’aver vissuto determinate esperienze, ed il fatto di avere una propria visione, è proprio ciò che li rende degli esperti.

Ma se questo può essere un plus quando si discute di business model conosciuti, si trasforma in un limite quando invece dobbiamo validare un nuovo modello di business.

L’esperto avrà molto probabilmente una sua opinione sul caso in esame. Se interpellato, si sentirà autorizzato dalla sua passata esperienza a predire l’esito della validazione.

Questo rende inutile - quando non dannosa -  la presenza di esperti di settore all’interno del team di validazione.

Facciamo un esempio su tutti. Di sicuro era un esperto riconosciuto Steve Ballmer, CEO di Microsoft quando nel 2007 disse:

“Non c'è alcuna possibilità che l'iPhone ottenga quote di mercato significative. Nessuna possibilità”.

Come è andata a finire, lo sappiamo tutti.

Quindi: il nostro manager dell’innovazione di una grande azienda non ha bisogno dell’opinione degli esperti.

Al contrario, noi siamo convinti che ci sia un estremo bisogno di un’altra cosa: dei dati fatto.

E sia chiaro, quando parliamo di dati di fatto non parliamo di statistiche o di big data. Parliamo piuttosto di singoli casi in cui delle persone hanno compiuto delle azioni “estreme” per risolvere un loro problema. Di singoli accadimenti significativi, nei quali le persone hanno cercato di realizzare da sè il prototipo di un prodotto che sul mercato non era ancora disponibile.

Un paio di esempi.

Quando nel 2011 Emmett Shear lanciò Twitch, lo fece basandosi su un dato di fatto: le uniche persone che usavano tutti i giorni i servizi di streaming offerti dalla sua precedente startup, erano videogamers che trasmettevano le loro partite in tempo reale. 

Quando nel 1998 Sara Blakely creò SPANX, lo fece basandosi su un dato di fatto: si stava preparando per una festa quando si rese conto di non avere il giusto indumento intimo da mettere sotto i pantaloni bianchi. Allora prese dei collant e tagliò la parte dei piedi.

Quando nel 1979 la Sony lanciò il walkman, lo fece basandosi su un dato di fatto: il presidente onorario Ibuka Masaru aveva chiesto di modificare un registratore a cassette in modo da poter ascoltare la musica in aereo durante i viaggi di lavoro.

Bassa prevedibilità contro alta prevedibilità

Lavorando nella Corporate Innovation da diversi anni, ci siamo resi conto di un fenomeno molto particolare.

Tutto ciò che viene fatto nel mondo del business, dalla contabilità alla produzione, fino alle vendite, è fatto con estrema precisione. E’ guidato da dati e processi rigorosi e richiede dei risultati misurabili. In tutte le funzioni aziendali, si guarda alla prevedibilità come ad un fattore positivo. Più un risultato è prevedibile e meglio è.

Funziona così per tutto, tranne che per l'innovazione. 

L’innovazione è come il cugino che torna al paese dopo essere stato ospitato in televisione: è troppo creativo per essere trattato come gli altri.

Abbiamo concesso all’innovazione una sorta di status di celebrità tra le funzioni aziendali. 

Assumiamo persone che pensano fuori dagli schemi e le distinguiamo dal resto dell'organizzazione, creando per loro una struttura di reporting separata ed accettando risultati molto minori rispetto agli investimenti.

Solo perché l'innovazione riguarda la previsione di ciò che non esiste, non significa che non possa o non debba essere disciplinato e prevedibile come qualsiasi altra funzione aziendale. L'innovazione è come qualsiasi funzione di impresa: se vuoi che produca come un vero business, devi trattarla come un vero business, dotandola di processi, metriche, e standard di prestazione. 

In pratica: anche l’innovazione deve ambire ad avere una alta prevedibilità. 

L’idea che tutto debba essere lasciato al caso, al talento e alla creatività è del tutto ingiustificata.

La cosa più rischiosa che possiamo fare, è mantenere lo status quo
— Bob Iger

Conclusioni

I manager dell’innovazione di una grande azienda sono chiamati a validare nuovi modelli di business. Per farlo devono affidarsi ad un team di persone, sia questo interno o esterno all’azienda.

Che caratteristiche deve avere il team ideale?

Secondo noi non deve essere formato da creativi, nè da esperti di dominio, nè da analisti di big data, ma da persone che conoscono a fondo sia il processo di innovazione che il metodo scientifico.


Ref:

https://hbr.org/2010/08/innovation-is-not-creativity.html

https://strategyn.com/2019/09/09/why-brainstorming-is-overrated-and-innovation-should-be-boring/

https://www.businessinsider.com/difference-between-creativity-and-innovation-2013-4