La speranza di vita della tua azienda dipende dal tuo ecosistema dell'innovazione

Anche la speranza di vita di una azienda - come quella di una persona - dipende dal luogo di nascita. Questo avviene perché uno dei compiti di un ecosistema - anche economico - è quello di far sopravvivere e prosperare i propri membri.

Per una azienda quindi, contribuire alla crescita del proprio ecosistema, significa aumentare le possibilità di sopravvivenza delle proprie iniziative imprenditoriali.

 

Dimmi dove nasci, e ti dirò quanto a lungo vivrai

La “speranza di vita” è un indice usato per stimare il numero medio di anni che ogni neonato ha la probabilità di vivere.

È strettamente correlata al luogo di nascita. In pratica “in alcuni posti si muore prima”, e questo vale sia a livello globale, che a livello locale. Per noi italiani ad esempio, nascere a distanza di 500 chilometri può farci vivere tre anni di più. Oggi infatti, la speranza di vita per una persona nata in umbria è di 81 anni, mentre quella di un valdostano è di 78 anni. 

Molto spesso la “speranza di vita” viene utilizzata per approssimare lo stato di sviluppo di una popolazione. Ovvero: più un popolo è sviluppato dal punto di vista tecnologico e culturale, più i suoi membri vivono a lungo. 

Questo perchè più un popolo è sviluppato, più riesce a comprendere - e a contrastare - le cause che portano alla morte prematura dei loro membri.

Pensiamo ad esempio agli ultimi 150 anni di storia nazionale, e a come, ai tempi della nascita della Repubblica “nel Sud e in Sardegna, nelle zone paludose e nelle risaie, la

malaria mieteva le sue vittime in tutte le fasce d’età”.

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Proviamo quindi, a dare per assodato che un gruppo di persone fisicamente vicine, siano in qualche modo responsabili l’uno dell’altra. E che lo siano ad un livello molto profondo, tanto da poter influire sulla vita o sulla morte di ogni singolo individuo.

Chiediamoci adesso: vale anche per il business?

Quando si parla di nuove aziende - startup - e di nazioni - intese come sistemi economici -, continua ad esistere questa capacità di un gruppo di influenzare la speranza di vita di un singolo?

E ancora: a parità di tutti gli altri fattori, una nuova impresa nata in Italia, ha maggiori o minori chance di successo di una nata in altri posti del mondo?

La vera differenza fra gli esseri umani e tutti gli altri animali non si trova a livello individuale, ma a livello collettivo. Gli umani controllano il pianeta perché sono gli unici animali capaci di collaborare in modo flessibile e in grandi masse
— Yuval Noah Harari
 

La distribuzione degli unicorni nel mondo

Per rispondere alla domanda posta qui sopra, non esiste un indice di riferimento. Proviamo quindi ad utilizzare dei dati correlati ed un pò di ragionamento.

Partiamo dal presupposto che ogni startup, quando nasce, ha l’ambizione di diventare una grande azienda. Se non avesse questa intenzione, non potremmo definirla startup senza contraddire Paul Graham, per il quale il termine startup è un sinonimo della parola “crescita”.

Quindi: se tutte le startup che nascono hanno l’obiettivo di crescere, allora un buon numero di quelle che vivono abbastanza a lungo, arriveranno ad essere grandi aziende.

Cosa intendiamo per grandi aziende? In questa sede - e per necessità di semplificare - considereremo grandi aziende tutte le aziende che hanno un valore di almeno un miliardo di dollari, ovvero i cosiddetti unicorni.

Come sono distribuiti gli unicorni nel mondo? In modo tutt’altro che omogeneo. I grafici qua sotto ci fanno vedere come sia necessario sommare il numero di unicorni presenti in più di venti nazioni, per raggiungere il numero di quelli presenti nei soli Stati Uniti.

Negli stessi Stati Uniti, il maggior numero di unicorni è concentrato in un paio di regioni.

Quindi sì, è ragionevole pensare che sia più facile fare impresa in alcuni ecosistemi, piuttosto che in altri. Ma come mai?

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Il ruolo degli ecosistemi dell’innovazione (e delle grandi aziende)

I problemi che sono insormontabili per una singola persona, quando sono risolti a livello di ecosistema, forniscono una soluzione efficace non solo per quella persona, ma anche per tutti gli altri membri del suo ecosistema.

Ad esempio: una singola famiglia italiana di 150 anni fa non poteva guarire un bambino dalla malaria, mentre invece un sistema complesso (fatto da medici, infermieri, insegnanti, divulgatori…) è stato in grado di prevenire la malaria per milioni di bambini.

Oppure (tornando ad esempi imprenditoriali), pensiamo a come ogni singola azienda tech americana dovesse assumersi un rischio di impresa enorme, almeno fino alla nascita della Silicon Valley. A partire dagli anni 70 invece, l’ecosistema dell’innovazione statunitense è stato in grado di creare un numero enorme di aziende di successo.

Non puoi risolvere un problema allo stesso livello in cui è stato creato. Devi elevarti al livello successivo
— Albert Einstein

Con questa sua celebre frase, Einstein ci dice che non si possono risolvere i problemi se ci si attiene allo stesso tipo di pensiero che ha generato il problema. Per risolvere un problema è necessario pensare a cosa si può fare in modo diverso, e spesso la diversità consiste nel fare uno “zoom out” sul problema. Ovvero nel prendere in esame non solo il soggetto dell’analisi, ma anche gli elementi che lo circondano e che interagiscono con lui. I benefici possono essere enormi perché a quel punto, l’ecosistema può essere in grado di risolvere quel problema sistematicamente, per tutti i suoi elementi. 

Quindi, se in Italia vogliamo aumentare il numero di nuove iniziative imprenditoriali che arrivano al successo, ci conviene smettere di lasciare l’iniziativa alle singole aziende, ed affrontare il problema a livello di ecosistema.

Dopotutto, dietro ad una parola chiave che sentiamo sempre più spesso (ovvero Open Innovation), c’è proprio questo concetto. Le imprese possono e debbono usare tanto le risorse esterne quanto quelle interne, e sfruttare le strade verso il mercato che sono state tracciate da altre aziende.

Questo, se non altro, permette loro di incontrare il mercato più velocemente, e di ottenere un feedback sul loro prodotto in maniera molto più rapida. In questo modo può proporre prodotti sempre più mirati, e che hanno sempre maggiori possibilità di successo.

Il premio in palio per le grandi aziende è enorme: riuscire a creare oggi i nuovi prodotti che le faranno prosperare domani.

 

Da dove iniziare

Per raggiungere ogni obiettivo, anche il più ambizioso, si deve partire da un piccolo passo.

Il primo secondo noi è quello che avviene quando il management di una azienda abbraccia l’idea che sta dietro all’Open Innovation.

Quando decide di andare “out of the building” ed incontrare il mercato, i partner, i competitor, le istituzioni, i consulenti, e tutto il resto dell’ecosistema.

Lo abbiamo fatto anche noi.

The Doers crede fermamente nell’innovazione condivisa e nel contributo di ogni singola azienda al miglioramento del proprio ecosistema. Anche per questo, nel 2021, ci siamo uniti a Digital Magics, con l’obiettivo di creare il più grande sistema dell’innovazione italiano.

Il tempo dirà se ci saremo riusciti.

Nel frattempo aiutiamo le aziende che condividono il nostro punto di vista.

Lo facciamo fornendo servizi di Corporate Intrapreneurship, Corporate Venturing e Ricerche di mercato.